La Corte di Cassazione, terza sezione, con sentenza n. 32503 del 12.7.2022 (depositata il 5.9.2022) si è pronunciata in merito al labile confine tra il concorso – anche morale – di persone nel reato di violenza sessuale, e la violenza sessuale di gruppo di cui all’art. 609 octies c.p.
La Suprema Corte ha quindi avuto occasione di ricordare che, qualora la condotta prevista dall’art. 609 bis c.p. sia commessa da più persone contemporaneamente presenti, queste risponderanno non già di concorso nel delitto di violenza sessuale, ma del più grave reato di violenza sessuale di gruppo ai sensi dell’art. 609 octies c.p.

La pronuncia origina dal ricorso presentato dal difensore dell’indagata, in relazione al delitto di cui agli artt. 110 e 609 octies c.p., contro il provvedimento emesso dal Tribunale del Riesame che aveva rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare applicata alla stessa.
Il ricorso, con unico motivo, lamentava vizio di motivazione e violazione di legge, sul presupposto che la presenza dell’indagata sul luogo dei fatti era dubbia e, in ogni caso, la mera presenza dell’indagata non poteva ex se essere stata da stimolo e rafforzamento dell’altrui proposto criminoso.

Nella motivazione, la Corte si sofferma sulla natura del reato di violenza sessuale di gruppo, quale fattispecie plurisoggettiva a concorso necessario, che ricorre quando agli atti di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.) partecipano più persone riunite.

Il delitto di cui all’art.609 octies c.p. è un reato comune a concorso necessario, potendo essere commesso da chiunque, e richiedendo la partecipazione di almeno due persone. Nell’ipotesi in esame il legislatore ha costruito una fattispecie autonoma di reato rispetto all’art. 609 bis c.p., ove la pluralità di soggetti attivi assurge a elemento costitutivo di una nuova e diversa ipotesi criminosa: trattasi infatti di reato a concorso di persone necessario.

Il concorso di persone c.d. necessario, come noto, si differenzia da quello c.d. eventuale disciplinato dagli artt. 110 e ss. del codice penale, ove la fattispecie rappresenta la manifestazione plurisoggettiva di un reato astrattamente monosoggettivo, e come tale realizzabile anche da un solo soggetto attivo.

Con riguardo alla partecipazione suscettibile di integrare il delitto di cui all’art.609 octies c.p., non è affatto richiesto che tutte le persone riunite compiano atti di violenza sessuale, ma è necessaria l’effettiva presenza di esse sul luogo e nel momento di consumazione del reato: il legislatore ha voluto punire con più rigore la simultanea compartecipazioni più persone agli atti di violenza sessuale, posto che la forza di intimidazione che il gruppo esercita sulla vittima è acuita dalla mera presenza di più persone. Irrilevante, quindi, risulta il ruolo svolto in concerto dai compartecipi, ben potendo la loro mera presenza indebolire la capacità di resistenza della vittima e giovare, quale incoraggiamento, a colui che pone in essere l’aggressione.

Pertanto, ove il concorrente sia presente sul luogo del delitto, è integrato il reato di violenza sessuale di gruppo ai sensi dell’art. 609 octies c.p., con la conseguenza che il concorso eventuale di persone nel reato di violenza sessuale è configurabile esclusivamente nelle forme dell’istigazione, del consiglio, dell’aiuto o dell’agevolazione da parte di chi non partecipi materialmente all’esecuzione del reato stesso, alla condizione che il correo non sia presente sul luogo del delitto, configurandosi invece, in tal senso, un contributo al delitto di violenza sessuale di gruppo. Infatti, la realizzazione di un contributo morale da parte del concorrente che non realizza l’azione tipica, sul luogo e nel momento del fatto, costituisce una condotta di partecipazione punita direttamente ai sensi dell’art. 609 octies c.p.

Esaurite le considerazioni in diritto, la Suprema Corte ha ritenuto tale partecipazione in capo all’indagata, sul rilievo che le frasi da essa proferite, mentre era in corso la registrazione del video, non solo rendevano indubbia la sua presenza nel luogo dei fatti, ma avevano altresì rafforzato l’intento dell’autore materiale del reato di usare violenza nei confronti della persona offesa.
La Corte ha pertanto dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuale e ad una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Avv. Jeannette Baracco