Traccia Parere Penale Nr. 2 – Esame Avvocato 2019
Il diciannovenne Caio conosce su Facebook la tredicenne Mevia e tra i due inizia una fitta corrispondenza via chat, senza che mai avvenga un incontro effettivo.
Caio, dopo qualche tempo, chiede a Mevia di inviargli delle foto in cui lei mostri le sue parti intime. Mevia gli invia le foto richieste e, a sua volta, chiede a Caio di inviarle qualche foto in cui anch’egli sia nudo. Caio Le invia una foto in cui lui stesso e il suo amico coetaneo Sempronio, nel corso di una festa, posavano ubriachi e in slip: foto che Sempronio aveva proibito a Caio di diffondere.
La madre di Mevia, avendo per caso scoperto nel computer della ragazza la fitta corrispondenza intercorsa con Caio e le foto che i due si erano scambiati, denuncia il giovane. Successivamente anche Sempronio, avendo appreso dalla stampa locale che Caio aveva inviato a Mevia la foto che lui aveva vietato di diffondere, denuncia l’amico.
Il candidato, assunte le vesti dell’avvocato di Caio, individui le ipotesi di reato configurabili a carico del suo assistito, prospettando, altresì, la linea difensiva più utile alla difesa dello stesso.
Soluzione proposta – Parere Penale Nr. 2
Il caso sottoposto all’attenzione del candidato richiede di valutare i profili di responsabilità penale di Caio, diciannovenne, il quale intratteneva una corrispondenza via chat con la tredicenne Mevia e, in tale contesto, chiedeva ed otteneva dalla ragazzina foto raffiguranti le sue parti intime. Successivamente, Caio inviava a Mevia un’immagine raffigurante lui e il suo amico Sempronio ubriachi e in slip, documento la cui divulgazione era stata espressamente vietata dallo stesso Sempronio.
Per una più compiuta risoluzione del quesito proposto, si ritiene necessario soffermarsi sulle principali disposizioni in materia di pedopornografia, nonché sulla neo introdotta fattispecie di cui all’art. 612 ter c.p.
A tal proposito, sarà indispensabile innanzitutto analizzare singolarmente i delitti di cui agli artt. 600 ter e 600 quater c.p., in materia di pornografia minorile e di detenzione di materiale pornografico.
Successivamente, bisognerà trattare la questione della punibilità, a mente delle succitate disposizioni, del soggetto che riceva o detenga materiale pedopornografico autoprodotto dal minorenne.
Ancora, si dovrà analizzare brevemente la norma di cui all’art. 609 undecies c.p. (adescamento di minorenni), con particolare riferimento alle modalità con le quali la condotta deve essere perpetrata per essere penalmente illecita.
Infine, sarà doveroso soffermarsi sulla seconda parte della condotta realizzata da Caio, appurando se la divulgazione di foto altrui dal contenuto compromettente, nonostante il divieto espresso dell’interessato, assuma una qualche rilevanza penale.
In ordine alla prima questione individuata si rappresenta che l’art. 600 ter c.p., rubricato “pornografia minorile”, è stato introdotto nell’ordinamento con la legge 269/1998 e da ultimo modificato dalla legge 172/2012.
La norma individua diverse condotte penalmente rilevanti, poste a tutela della personalità individuale dei minori. Segnatamente, il primo comma sanziona la realizzazione di spettacoli o esibizioni pornografiche ovvero la produzione di materiale pornografico mediante l’utilizzo di minorenni nonché il reclutamento o l’induzione di minori a partecipare alle suddette esibizioni o qualunque altra modalità tramite la quale si tragga profitto dalle stesse.
I due successivi commi, invece, puniscono rispettivamente il commercio del materiale pornografico e tutte le attività pubblicitarie di diffusione dello stesso ovvero di divulgazione di notizie finalizzate allo sfruttamento o all’adescamento sessuale di minori.
Il quarto comma punisce la cessione, anche gratuita, del materiale di cui al comma primo; il quinto, invece, prevede un aggravamento di pena legato all’ingente quantità del materiale diffuso.
Infine, a mente del sesto comma, risponde penalmente anche chi assiste alle esibizioni o agli spettacoli di cui ai commi precedenti.
Particolarmente degno di nota è l’ultimo capoverso dell’articolo in commento, con il quale il legislatore ha inteso fornire una definizione di “pornografia minorile”, ricomprendendovi ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore di anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali.
La fattispecie di cui all’art. 600 ter c.p. costituisce ipotesi di reato comune ed è punita a titolo di dolo generico.
Per quanto riguarda l’art. 600 quater c.p., trattasi di fattispecie residuale rispetto alla norma analizzata nelle righe precedenti, che sanziona la detenzione di materiale pedopornografico e in particolare punisce chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 600 ter c.p., consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto.
Conclusa la disamina delle predette norme e procedendo quindi con la seconda questione prospettata, si rende ora necessario porre l’attenzione sulla vexata quaestio relativa alla configurabilità del delitto di pornografia minorile nel peculiare caso in cui sia lo stesso soggetto minorenne a creare il materiale pedopornografico fotografandosi o riprendendosi da solo e divulgando spontaneamente i contenuti registrati.
Sul punto, si deve precisare che il dettato di cui al comma 1 dell’art. 600 ter c.p. assume rilevanza anche nelle ipotesi di cui ai commi successivi della medesima disposizione, in quanto questi ultimi fanno espresso richiamo al “materiale pornografico di cui al primo comma”.
Parimenti, l’art. 600 quater c.p. menziona espressamente il “materiale pornografico realizzato utilizzando minori di anni diciotto”, ricalcando pertanto il medesimo concetto espresso dalla norma immediatamente precedente.
In altri termini, tutte le condotte punite dai summenzionati articoli presuppongono che il materiale oggetto di produzione, diffusione o detenzione sia stato realizzato attraverso l’utilizzazione del minore, il che implica necessariamente che l’autore della condotta non possa coincidere con l’oggetto della produzione.
Tale conclusione si pone in armonia con la ratio legis sottesa ai plurimi interventi legislativi in materia di pedopornografia, volti a tutelare e a salvaguardare i minori da gravi e deplorevoli forme di abuso sessuale, in modo da evitarne lo sfruttamento.
Quanto sinora affermato ha trovato inoltre l’avallo della recente giurisprudenza di legittimità secondo la quale, con riferimento specifico alla condotta sanzionata dal comma quarto dell’art. 600 ter c.p., “non integra il reato di cui all’art. 600 ter comma 4 c.p. la condotta di chi ceda ad altri gli autoscatti a contenuto pornografico effettuati da un minorenne, essendo necessario per la configurabilità del reato in questione che la produzione del materiale pornografico sia riconducibile ad un soggetto diverso dal minore” (Cass. pen., 11675/2016).
Alle medesime conclusioni era peraltro giunta la medesima Corte, in epoca meno recente ma nella sua composizione più autorevole, in un caso avente ad oggetto la condotta di cui all’art. 600 ter, comma primo, c.p., sostenendo che l’autore della condotta incriminata debba essere necessariamente “un soggetto altro e diverso rispetto al minore da lui utilizzato” (Cass. Pen., Sez. Un., 13/2000).
Proseguendo secondo l’ordine inizialmente stabilito, verrà ora brevemente descritto il delitto ex art. 609 undecies c.p., inerente alla condotta di adescamento di minorenni.
La norma in esame, anch’essa frutto dell’intervento del Legislatore del 2012, tutela la libertà personale di autodeterminazione del minorenne, colpendo la condotta di chi, allo scopo di commettere i delitti menzionati dal testo (pedopornografia, violenza sessuale ed atti sessuali con minorenne in tutte le loro forme) adesca un minore di anni sedici.
Si tratta di una norma residuale, in quanto è presente la clausola di sussidiarietà “se il fatto non costituisce più grave reato”, e a condotta vincolata, poiché la condotta di adescamento si ritiene integrata quando siano compiuti atti volti a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.
Il reato è punito a titolo di dolo specifico, essendo richiesto il fine di commettere una serie di reati enucleati dalla disposizione stessa.
In merito all’ultima questione di interesse, la condotta di chi, nonostante l’espresso divieto da parte dell’interessato, divulga immagini raffiguranti altre persone in situazioni o contesti compromettenti, può astrattamente integrare la fattispecie di cui all’art. 612 ter c.p.
Il reato in parola è di recentissima introduzione, essendo stato inserito nel codice penale dalla L. 19 luglio 2019 n. 69, con l’intento specifico di colpire le condotte di c.d. “revenge porn”, ossia la diffusione, con intento vendicativo, di materiale audiovisivo raffigurante altre persone (solitamente un ex partner) in atteggiamenti intimi e privati.
Il delitto poc’anzi menzionato è pertanto inserito tra i delitti contro la libertà morale della persona offesa e punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, divulghi imagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati e senza il consenso delle persone rappresentate.
Il medesimo trattamento è previsto a carico di chi, avendo ricevuto o comunque acquisito tali immagini o video, li divulghi senza il consenso degli interessati; in questo caso, però, è richiesta la finalità di arrecare nocumento alle persone offese.
A livello di elemento soggettivo, pertanto, le condotte descritte dai due commi differiscono in quanto la prima è punita a titolo di dolo generico, mentre la seconda richiede il dolo specifio.
Ai fini del caso oggetto di analisi è importante precisare che il delitto è punito a querela della persona offesa, da presentarsi nel termine di sei mesi.
Sulla scorta delle argomentazioni sin qui svolte sul piano astratto, si può ora offrire una compiuta risoluzione del caso concreto.
In merito alla prima parte della condotta, si rende opportuno richiamare i dati essenziali del fatto.
Il giovane Caio intratteneva una corrispondenza a distanza con la tredicenne Mevia senza mai incontrarla; tuttavia, ad un certo punto di questa relazione, le chiedeva di inviargli delle foto dei propri genitali. La richiesta veniva esaudita dalla stessa Mevia, la quale provvedeva autonomamente a scattare le foto in questione e a farle pervenire a Caio.
Dai dati in possesso si evince innanzitutto come non si possa ravvisare a carico di Caio alcuna responsabilità penale con riferimento alle ipotesi di reato ex artt. 600 ter e, conseguentemente, 600 quater c.p. Invero, alla luce delle riflessioni svolte in punto di diritto e dei richiami giurisprudenziali operati in precedenza, si deve evidenziare che nel caso di specie il produttore del materiale pedopornografico ed il protagonista di esso coincidono. È stata infatti la stessa Mevia a scattarsi le foto e ad inviarle a Caio, di talché non si può ritenere integrato l’elemento dell’utilizzazione del minore, richiesto espressamente dal legislatore per la configurabilità di tutte le condotte previste dall’art. 600 ter c.p.
Le medesime conclusioni paiono doverose anche in relazione alla fattispecie p. e p. dall’art. 600 quater c.p., alla luce del cui tenore letterale la detenzione di materiale pedopornografico è punibile nel caso in cui esso sia stato realizzato utilizzando soggetti minorenni, il che esclude la penale rilevanza della detenzione di foto autoprodotte da un minore.
Non si reputa sussistente nemmeno la fattispecie di cui all’art. 609 undecies c.p., in tema di adescamento di minorenni: a difettare, in questo caso, è uno degli elementi costitutivi della fattispecie, non essendovi nella traccia dati che inducano a ritenere che Caio abbia adoperato artifici, lusinghe o minacce volte a carpire la fiducia di Mevia. La traccia, infatti, parla di semplice richiesta, alla quale la ragazzina poteva liberamente rispondere in maniera negativa.
In merito alla seconda condotta contestata a Caio, si rammenta che lo stesso riceveva una denuncia da parte di Sempronio per aver inviato a Mevia una foto ritraente i due ragazzi mentre erano ubriachi ad una festa ed indossavano solamente degli slip.
Si ritiene che nemmeno il comportamento in questione possa integrare alcuna fattispecie penale e che, nello specifico, lo stesso non configuri tutti gli elementi costitutivi di cui al neo introdotto reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.
Come affermato in precedenza, la lettera dell’art. 612 ter c.p. richiede espressamente che le immagini o i video divulgati contro la volontà delle persone rappresentate abbiano un contenuto sessualmente esplicito. In assenza di orientamenti solidi sul punto (si tratta, come detto, di una norma di recentissima introduzione), appare poco plausibile che un’immagine raffigurante due uomini maggiorenni non completamente nudi, seppur con indosso le sole mutande, possa rivestire quel connotato sessuale richiesto dalla disposizione in parola. Inoltre, deve considerarsi anche il contesto in cui è stata scattata la foto incriminata: si trattava, invero, di una festa, non certo di una situazione di intimità destinata a rimanere nelle more della privacy del soggetto rappresentato. Ritenere un caso come quello di specie sussumibile nel reato ex art. 612 ter c.p. appare, infine, difforme alla ratio sottesa all’introduzione della norma volta, come detto, a colpire i più gravi episodi di diffusione di materiale sessualmente esplicito a scopo vendicativo.
Anche a voler ritenere sussistente il requisito del contenuto sessualmente esplicito, si rappresenta che la condotta configurerebbe tutt’al più l’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 612 ter c.p.; in tal senso, difetterebbe comunque il dolo specifico, non essendovi ragione per ritenere che Caio abbia voluto arrecare un nocumento all’amico.
Da ultimo, si evidenzia che il delitto in questione è punito a querela della persona offesa; dalla traccia si evince tuttavia come Sempronio si sia limitato a sporgere denuncia. Ne deriva che, nel caso in cui non intervenga la condizione di procedibiltà nel termine previsto dalla norma, il delitto prospettato non potrà in ogni caso essere perseguito.
Alla luce di quanto sin qui esposto, si può dunque concludere per l’irrilevanza penale della condotta di Caio. Egli, infatti, non risponderà delle condotte denunciate dalla madre di Mevia in quanto per ciascuna di esse difetta un elemento costitutivo della fattispecie.
Parimenti, Caio andrà esente da responsabilità per le accuse da parte di Sempronio, anche in questo caso per difetto di un elemento costitutivo o, quantomento, per mancanza dell’elemento soggettivo richiesto dal comma secondo dell’art. 612 ter c.p.
In ogni caso, anche a voler ritenere sussistente la disposizione in esame, mancherebbe la condizione di procedibilità richiesta per la perseguibilità del reato da ultimo citato.
Per completezza, si precisa che l’assenza di risvolti penalistici della condotta non esclude in toto la possibilità che la stessa possa assumere rilevanza in sede civile ai fini di un ipotetico risarcimento del danno.