Con la sentenza 1252/2018, la sezione III della Corte di cassazione torna ad occuparsi del riparto dell’onere probatorio relativo al nesso causale tra l’errore del medico, che non diagnostica tempestivamente la malformazione del feto, e la lesione del diritto della gestante di interrompere la gravidanza.
Come chiarito dalla giurisprudenza pregressa, il thema probandum è costituito da un fatto complesso, che presuppone una duplice prova.
Occorre infatti dimostrare sia che la gestante, ove tempestivamente informata, avrebbe potuto interrompere la gravidanza conformemente alla legge -che consente l’aborto ultratrimestrale soltanto se la gravidanza reca un serio pregiudizio alla salute della donna-; sia che la gestante, ove informata, avrebbe scelto di abortire.
In passato, la giurisprudenza ricorreva a presunzioni generalizzate rispetto ad entrambi i presupposti.
Quanto al primo, si affermava che la malformazione fosse in sé idonea a recare un serio pregiudizio psichico alla donna, sulla base di un criterio di regolarità causale.
Quanto al secondo, si sosteneva che la scelta di sottoporsi ad uno specifico esame per accertare le condizioni di salute del feto fosse da sola sufficiente a provare la volontà della gestante di interrompere la gravidanza in caso di malformazioni.
Con la sentenza n. 25767/2015, la Corte di cassazione a Sezioni Unite ha preso le distanze da tale orientamento.
La suprema Corte ha escluso l’ammissibilità di presunzioni generalizzate fondate sull’id quod plerumque accidit e ha individuato un onere di allegazione sufficientemente specifico a carico della gestante, riguardante, in particolare, la precarietà delle proprie condizioni di salute psicofisica e le pregresse manifestazioni di pensiero, sintomatiche di una propensione abortiva in caso di grave malformazione del feto.
La sentenza annotata aderisce ai principi affermati dalle Sezioni Unite, laddove afferma che: “l’originario orientamento di questa Corte, a mente del quale risponde a regolarità causale che la gestante, se informata correttamente e tempestivamente sulla gravità delle patologie cui va incontro il nascituro, interrompa la gravidanza, è stato di recente modificato…nel senso che l’onere della prova di tale nesso grava sulla gestante…“.
Si tratta di un onere soddisfatto anche mediante presunzioni, purché non generalizzate ma fondate su allegazioni specifiche e circostanziate.
Cassazione civile, sez. III, 5/7/2017 dep. 19/1/2018 n. 1252
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3650/2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), AULSS N (OMISSIS) DI CHIOGGIA;
– intimati –
nonche’ da:
(OMISSIS), (OMISSIS) quali eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrenti incidentali –
contro
AULSS N (OMISSIS) DI CHIOGGIA, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1097/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/07/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
I FATTI
(OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali rappresentanti del figlio minore (OMISSIS), convennero dinanzi al Tribunale di Venezia la USLL (OMISSIS) di Chioggia, il primario del reparto di ginecologia, (OMISSIS), ed il ginecologo (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguente alla omessa diagnosi, in epoca prenatale, della grave patologia da cui era risultato affetto il nascituro.
Esposero gli attori che le ecografie compiute dal Dott. (OMISSIS) avrebbero gia’ potuto e dovuto evidenziare, fin dalla sedicesima settimana di gravidanza, la mielomeningocele da cui era affetto il feto, e che tale condizione patologica poteva e doveva essere resa nota alla gestante per consentirle di esercitare il diritto all’interruzione della gravidanza stessa.
I convenuti, nel costituirsi, eccepirono che le prime ecografie risalivano alla diciannovesima settimana di gestazione, che mancava la prova della volonta’ della madre di interrompere la gravidanza in epoca successiva al novantesimo giorno – stanti le condizioni previste dalla L. n. 194 del 1978, articolo 6 – e che la tempestiva diagnosi di spina bifida rientrava nell’ambito delle prestazioni sanitarie di speciale difficolta’, ex articolo 2236 c.c..
Il Dott. (OMISSIS), dal suo canto, aggiunse di non essere mai stato partecipe delle indagini ecografiche eseguite dal (OMISSIS), e di essersi attivato per segnalare alla direzione sanitaria l’inadeguatezza delle prestazioni ecografico-ostetriche del reparto da lui diretto.
Il giudice di primo grado, con sentenza non definitiva, accolse la domanda nei confronti del solo (OMISSIS).
Avverso la sentenza venne proposta una prima impugnazione, da parte del (OMISSIS), cui resistettero i coniugi (OMISSIS) proponendo a loro volta appello incidentale, con il quale chiesero l’estensione della condanna anche al (OMISSIS). Una seconda impugnazione venne poi proposta dagli stessi appellanti incidentali, che chiesero l’ulteriore estensione della condanna nei confronti della USLL.
Nel secondo procedimento, si costituirono il (OMISSIS), che eccepi’ la tardivita’ dell’impugnazione proponendo a sua volta appello incidentale, ed il (OMISSIS), che, eccepita a sua volta la tardivita’ del gravame, propose dal suo canto appello incidentale condizionato.
La Corte di appello di Venezia, riunite le impugnazioni hinc et inde proposte, e dichiarata la inammissibilita’ per tardivita’ del secondo gravame, rigetto’ la domanda risarcitoria dei coniugi (OMISSIS).
Avverso la sentenza della Corte lagunare (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso sulla base di 4 motivi di censura.
Gli eredi (OMISSIS) resistono con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale condizionato.
Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso e’ infondato.
Con il primo motivo, si denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti con specifico riferimento alla responsabilita’ dell’AULSS, nonche’, ai sensi, dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 326, 327, 332, 343 c.p.c., articoli 1218, 1292, 1293 c.c..
Il motivo, al di la’ dei non marginali profili di inammissibilita’ da cui e’ affetto (denunciandosi congiuntamente, con esso, un vizio di violazione di legge processuale ed un vizio di violazione di legge sostanziale relativo alla mancata affermazione di responsabilita’ della Ausl) e’ assorbito dall’esame (e dal rigetto) del motivo che segue, da scrutinarsi in via preliminare in ragione dell’opportunita’ di una decisione fondata sulla ragione piu’ liquida (Cass. ss.uu. 26242/2014).
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 194 del 1978, articoli 6 e 7 e degli articoli 1218, 1223, 1226, 2727, 2729 c.c..
Il motivo e’ infondato.
Va, in premessa, corretta la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui (f. 14, 3-5 rigo) si afferma la irrisarcibilita’ “del danno che l’adempimento del sanitario non avrebbe potuto evitare, come una nascita che la madre non avrebbe potuto rifiutare” (il giudice territoriale richiama, in proposito, ma del tutto impropriamente, la sentenza n. 14488 del 2004 di questa Corte).
Il principio cosi’ apoditticamente affermato si pone in patente contrasto con il testuale dettato normativo di cui alla L. n. 194 del 1978, articolo 6, di tal che, decorso il novantesimo giorno dall’inizio della gravidanza, non e’ conforme a diritto l’affermazione secondo la quale, alla gestante, sarebbe precluso tout court “il rifiuto della nascita”.
La legittimita’ dell’interruzione di gravidanza ultratrimestrale e’, difatti, espressamente sancita dalla norma poc’anzi citata, che la consente, tra l’altro, a condizione che siano stati accertati processi patologici, tra cui quelli relativi e rilevanti anomalie o malformazioni del feto, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, come espressamente riconosciuto dalla stessa giurisprudenza di questa Corte (Cass. 12195/1998).
Tanto premesso, e cosi’ corretta in parte qua l’errata motivazione della sentenza impugnata, osserva il collegio che essa risulta, per altro verso, conforme a diritto nella parte in cui (f. 13) esclude in fatto la sussistenza delle condizioni previste dalla legge in mancanza di prova del grave pericolo per la salute fisica o psichica della signora (OMISSIS).
Erra, difatti, parte ricorrente nel ritenere provato ipso facto il nesso etiologico tra la mancata informazione e l’intenzione di interrompere la gravidanza, volta che l’originario orientamento di questa Corte (Cass. 6735/2002; Cass. 14488/2004, a mente della quale risponde a regolarita’ causale che la gestante, se informata correttamente e tempestivamente sulla gravita’ delle patologie cui va incontro il nascituro, interrompa la gravidanza) e’ stato di recente modificato (Cass. 16754/2012, confermata, sia pur soltanto in parte qua, da Cass. ss.uu. 25767/2015) nel senso che l’onere della prova di tale nesso grava sulla gestante, onere della prova che, va aggiunto, risulta tanto piu’ pregnante nell’ipotesi, quale quella di specie, di aborto ultratrimestrale.
Le considerazioni, del tutto generiche (oltre che prive del necessario requisito della autosufficienza) svolte in argomento dal ricorrente al folio 15 dell’odierno atto di impugnazione non sono idonee a scalfire la motivazione della sentenza impugnata, che, con argomentazioni scevre da vizi logico-giuridici, ha escluso la sussistenza in atti della prova del grave pericolo per la salute della gestante sulla base di apprezzamenti di fatto incensurabili in questa sede.
Al rigetto del motivo in esame, ed alla conferma della sentenza impugnata, consegue l’assorbimento delle restanti censure (relative al diritto iure proprio al risarcimento del bambino malformato ed alla asserita responsabilita’ del Dott. (OMISSIS)) e del ricorso incidentale condizionato.
Il ricorso e’ pertanto rigettato.
Le spese del giudizio possono essere nuovamente compensate in questa sede, per le medesime ragioni addotte dal giudice di appello e non espressamente censurate dinanzi a questa Corte.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di Cassazione.