Cassazione Civile, sez. II, sentenza 09/01/2017 n° 199

Con la sentenza in epigrafe, la Suprema Corte ha nuovamente affrontato l’annosa questione relativa ai crediti/debiti condominiali, dando risposta al seguente interrogativo: l’obbligazione gravante sui condomini per i debiti del condominio è solidale oppure parziaria? Detto in altre parole, il creditore può richiedere l’integrale pagamento a un singolo condomino o deve agire nei confronti di ciascuno di essi in ragione dei rispettivi millesimi (regola già elaborata dalla giurisprudenza prima della riforma del 2012)? La Cassazione sposa quest’ultima tesi, affermando che la responsabilità solidale vale solo per le obbligazioni per loro natura indivisibili; invece, se la prestazione è divisibile, vale la regola dell’obbligazione parziaria. Difatti, in caso di obbligazioni divisibili, la solidarietà deve essere prescritta da una apposita norma; se tale norma manca, si applica il regime della parziarietà.

Le Corte osserva che le obbligazioni condominiali, in quanto pecuniarie e come tali naturalmente divisibili, difettano del requisito dell’unicità della prestazione: per tale ragione, in assenza di una disposizione normativa diversa, tali obbligazioni non sono soggette al regime della solidarietà, bensì a quello della parziarietà.

È pertanto illegittimo il decreto ingiuntivo notificato dal creditore al singolo condomino per l’intero importo; importo che, invece, deve essere chiesto a tutti i condomini in proporzione alle rispettive quote di proprietà. Se il condomino ingiunto dovesse pagare non avrebbe poi azione per rivalersi nei confronti degli altri proprietari, ma dovrebbe esperire un’azione di ripetizione nei confronti del creditore oppure un’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti degli altri condomini.

In conclusione, richiamando un precedente insegnamento delle Sezioni Unite del 2008, la Suprema Corte ribadisce che in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità per il corrispettivo contrattuale preteso dall’appaltatore, incombente su chi abbia l’uso esclusivo del lastrico e sui condomini della parte dell’edificio cui il lastrico serve, è retta dal criterio della parziarietà, per cui l’obbligazione assunta nell’interesse del condominio si imputa ai singoli componenti nelle proporzioni stabilite dall’art. 1126 c.c., essendo tale norma non limitata a regolare il mero aspetto interno della ripartizione delle spese.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Sentenza 29 settembre 2016 – 9 gennaio 2017, n. 199

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA 

sul ricorso 18875/2012 proposto da:

 

T.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORRE DI PRATOLUNGO 11, presso GIOVANNI TRAETTA, rappresentato e difeso dagli avvocati LUCIA BARONE, DOMENICO CARACCIOLO; – ricorrente –

contro

 

P.P., C.A.; – intimati –

 

avverso la sentenza n. 6475/2011 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 25/05/2011;

 

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

 

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con ricorso del 17 dicembre 2004 T.F. richiese al Giudice di Pace di Napoli di emettere decreto ingiuntivo nei confronti di P.P. e C.A. per la somma di Euro 921,07 oltre interessi e rivalutazione.

 

La T. esponeva di essere condomina del fabbricato sito in (OMISSIS);

 

che l’amministratore del Condominio aveva incaricato in via d’urgenza l’impresa P.G. per il rifacimento del solaio del terrazzo di copertura dell’edificio di proprietà T.- C., a causa delle infiltrazioni d’acqua piovana da esso provenienti;

 

che l’ingegnere F., incaricato dall’assemblea condominiale, aveva ripartito le spese occorse per i lavori in misura di un terzo a carico dei proprietari del terrazzo e di due terzi a carico dei condomini della verticale da esso coperta, P.P. e C.A., N.G. e M.;

 

che l’impresa P. aveva sollecitato ai condomini il pagamento del proprio corrispettivo, non avendovi adempiuto l’amministratore;

 

che al pagamento all’impresa aveva infine provveduto la stessa T.F., versando la somma di Euro 5.526,00;

 

che soltanto i condomini P.P. e C.A. non avevano poi rimborsato all’attrice la rispettiva quota loro spettante pari ad Euro 921,07.

 

A seguito della notifica del decreto ingiuntivo del Giudice di Pace di Napoli, P.P. e C.A., pur pagando la somma ingiunta, proponevano opposizione, contestando le ragioni poste a fondamento della richiesta di D.I., rilevando che il riparto delle spese tra i condomini fosse errato e che comunque non fosse mai stato ratificato dall’assemblea condominiale.

 

Gli opponenti perciò proponevano domanda riconvenzionale per chiedere la restituzione di quanto corrisposto alla T. in forza del decreto ingiuntivo, nonché il risarcimento dei danni per lite temeraria.

 

Il Giudice di Pace di Napoli, revocato il decreto ingiuntivo opposto, condannava T.F. a restituire agli opponenti la somma da essi versata, oltre interessi decorrenti dal 3 marzo 2015. Il Giudice di Pace qualificava la domanda dell’attrice ai sensi dell’art. 1110 c.c., ritenendo che non ricorressero i presupposti per l’applicazione della norma citata.

 

Avverso la suddetta sentenza proponeva appello T.F., in particolare lamentando che il Giudice di Pace non aveva riconosciuto il suo diritto di surroga ai sensi dell’art. 1203 c.c., né comunque il diritto di chiedere il rimborso pro quota di quanto anticipato per i condomini appellati, ai sensi dell’art. 1110 c.c.

 

Si costituivano P.P. e C.A., che chiedevano il rigetto dell’impugnazione.

 

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 6475/2011 del 25.05.2011, rigettava l’appello proposto da T.F., compensando interamente le spese del secondo grado di giudizio.

 

A sostegno di questa decisione il Giudice di appello riteneva, seppure con motivazione diversa da quella esposta dal Giudice di Pace, che nel caso di specie non potesse trovare applicazione l’art. 1110 c.c. (e neppure l’art. 1134 c.c.), in quanto i lavori urgenti per la riparazione del terrazzo erano stati commissionati all’impresa edile dal Condominio, nella persona dell’amministratore dell’epoca, che aveva anche designato il tecnico che avrebbe dovuto redigere la D.I.A. La T. non aveva, perciò, preso l’iniziativa di appaltare i lavori di manutenzione della cosa comune a causa della trascuratezza degli altri partecipanti alla comunione o per ragioni di urgenza nell’effettuare le riparazioni, ma si era soltanto limitata al pagamento in favore dell’impresa creditrice dell’intero corrispettivo da questa preteso, per poi agire in via di regresso nei confronti dei condebitori che non le avevano spontaneamente versato la rispettiva quota. In conclusione. Il Tribunale affermava che nella fattispecie vi era soltanto spazio per un’azione di ripetizione nei confronti dell’impresa ai sensi dell’art. 2036 c.c., oppure per un’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti degli appellanti.

 

Avverso la sentenza del Tribunale di Napoli T.F. ha proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi. Gli intimati P.P. e C.A. non hanno svolto attività difensiva.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

  1. Con il primo motivo la ricorrente deduce che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in error in procedendo, censurabile ex art. 360 c.p.c., n. 4, dato che il giudice di appello, pur rilevando in limine la formazione del giudicato in ordine alla qualificazione giuridica della domanda, inquadrata ai sensi dell’art. 1110 c.c., si è poi diffuso nella disamina di tale inquadramento, ritenendolo infondato. Sempre nell’ambito degli errores in procedendo, eccepisce che il Tribunale di Napoli avrebbe omesso ogni valutazione in ordine alla pertinenza e rilevanza della prova per testi e documenti offerta dall’odierna ricorrente e disattesa senza alcun provvedimento ad hoc dal giudice di merito.
  2. Con il secondo motivo la ricorrente eccepisce che la sentenza impugnata sarebbe altresì afflitta da gravi errores in iudicando, non avendo tenuto conto che l’art. 1139 c.c., rinvia alle norme in materia di comunione, laddove non vi sia un’apposita disciplina codicistica dettata per il condominio, e che in ogni caso l’art. 1134 c.c., non poteva trovare applicazione al caso in esame, poiché esso riguarda il rimborso delle spese effettuate dal condomino per le parti comuni dell’edificio, mentre, nella specie, il terrazzo di copertura era pacificamente di proprietà della T.. Da qui l’esigenza di applicare la disciplina dell’art. 1110 c.c., al caso di specie.

 

  1. I motivi di ricorso, che possono essere affrontati unitariamente per la loro connessione, sono manifestamente infondati.

 

Il Tribunale di Napoli ha evidenziato come il Giudice di pace avesse qualificato la pretesa della T. come azione ex art. 1110 c.c., negandone i presupposti, e che l’appellante avesse poi sostenuto di aver agito non solo ai sensi dell’art. 1110, ma anche ai sensi dell’art. 1203 c.c. Il giudice d’appello ha premesso di condividere una diversa qualificazione della domanda di prime cure, come basata soltanto sull’art. 1203 c.c., pur prendendo atto dalla mancata impugnazione della qualificazione in termini di pretesa di rimborso di spese avanzata da un partecipante alla comunione; ha, quindi, esaminato la fondatezza della domanda di ripetizione oggetto del decreto ingiuntivo sia agli effetti dell’art. 1110 c.c., che dell’art. 1203 c.c., negando la configurabilità di entrambe le fattispecie, e perciò confermando, sia pure in base e diversa motivazione, la decisione del Giudice di Pace.

 

Ora, a proposito del primo motivo d’appello, è certo che il potere dovere del giudice di qualificazione della domanda nei gradi successivi al primo va coordinato con i principi propri del sistema delle impugnazioni, sicché deve ritenersi precluso al giudice dell’appello di mutare d’ufficio – violando il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato – la qualificazione ritenuta dal primo giudice in mancanza di gravame sul punto ed in presenza, quindi, del giudicato formatosi su tale qualificazione.

 

Tuttavia, la preclusione da giudicato per omessa impugnazione della qualificazione della domanda proposta non implica, ovviamente, la fondatezza nel merito della domanda stessa.

 

La prima censura è quindi priva di rilievo, giacché il Tribunale di Napoli non ha sovvertito la qualificazione della domanda operata dal Giudice di pace, ma ha negato la fondatezza della stessa sotto l’indicato profilo ex art. 1110 c.c., nonché sotto il concorrente profilo della surrogazione legale, profilo quest’ultimo devoluto al giudice d’appello proprio da specifico motivo in tal senso proposto dall’appellante T.

 

Nel caso in esame, secondo quanto dato per accertato dal Tribunale di Napoli, si ha riguardo ad obbligazione per l’esecuzione dei lavori di rifacimento del solaio di un lastrico solare di proprietà esclusiva assunta dall’amministratore del condominio, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti dell’appaltatore. Come insegnato da Cass. Sez. Unite, Sentenza n. 9148 del 08/04/2008 (con principio che va integralmente confermato, non trovando qui applicazione, ratione temporis, neppure il meccanismo di garanzia ex art. 63 disp. att. c.c., comma 2, introdotto dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità per il corrispettivo contrattuale preteso dall’appaltatore, incombente su chi abbia l’uso esclusivo del lastrico e sui condomini della parte dell’edificio cui il lastrico serve, è retta dal criterio della parziarietà, per cui l’obbligazione assunta nell’interesse del condominio si imputa ai singoli componenti nelle proporzioni stabilite dall’art. 1126 c.c., essendo tale norma non limitata a regolare il mero aspetto interno della ripartizione delle spese.

 

Dovendosi negare che l’obbligo di contribuzione alle spese di rifacimento del terrazzo di copertura si connotasse verso l’appaltatore, terzo creditore, come rapporto unico con più debitori, ovvero come obbligazione solidale per l’intero in senso proprio e quindi ad interesse comune, alla T., quale condomina (in particolare, titolare della proprietà esclusiva del terrazzo) che aveva adempiuto nelle mani dell’appaltatore al pagamento dell’intero prezzo dei lavori, non poteva accordarsi un diritto di regresso nei confronti degli altri condomini, sia pur limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi, ex art. 1299 c.c..

Il regresso, che ha per oggetto il rimborso di quanto sia stato pagato a titolo di capitale, interessi e spese, consiste in un diritto che sorge per la prima volta in capo al condebitore adempiente sulla base del c.d. aspetto interno dell’obbligazione plurisoggettiva. Né, smentito il debito solidale dei condomini, al condomino che abbia versato al terzo creditore anche la parte dovuta dai restanti condomini, allo scopo di ottenere da costoro il rimborso di quanto da lui corrisposto, può consentirsi di avvalersi della surrogazione legale in forza dell’art. 1203 c.c., n. 3, giacché essa – implicando il subentrare del condebitore adempiente nell’originario diritto del creditore soddisfatto in forza di una vicenda successoria – ha luogo a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo.

 

Dunque, il pagamento da parte della condomina T. delle quote del corrispettivo d’appalto dei lavori di rifacimento del terrazzo a livello dovute dai restanti condomini poteva al più legittimare la stessa ad agire, come pure prospetta il Tribunale, per ottenere l’indennizzo da ingiustificato arricchimento, stante il vantaggio economico ricevuto dagli altri condomini (cfr. Cass. Sez. Unite, Sentenza n. 9946 del 29/04/2009).

 

Correttamente, poi, il Tribunale ha negato l’applicabilità nel caso in esame tanto dell’art. 1110, che dell’art. 1134 c.c. Queste due norme recano, invero, una diversa disciplina in materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, rispettivamente, nella comunione e nel condominio di edifici, disciplina che condiziona il relativo diritto, in un caso, a mera trascuranza degli altri partecipanti e, nell’altro caso, al diverso e più stringente presupposto dell’urgenza.

 

Il Tribunale di Napoli ha osservato come i lavori di rifacimento del terrazzo fossero stati comunque commissionati dall’amministrazione condominiale, e non derivassero, quindi, da iniziative di gestione prese dal singolo partecipante. D’altro canto, si ha riguardo, nella specie, a spese non inerenti una cosa comune (come postulato dagli artt. 1110 e 1134 c.c.), quanto un lastrico o terrazzo di proprietà esclusiva, sicché il dovere di contribuire ai costi di manutenzione rinviene la sua ragione, ex art. 1126 c.c., nell’utilità che i condomini sottostanti traggono dal bene.

 

Viola, infine, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, la censura della mancata considerazione delle prova per testi e per documenti richiesta, in quanto il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci la mancata ammissione di una prova testimoniale o documentale, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova o il contenuto del documento, al fine di consentire il controllo sulla decisività dei fatti da provare in ordine alla risoluzione della controversia e sulle prove stesse, in quanto la Corte di Cassazione deve essere in grado di compiere tale verifica sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

 

Consegue il rigetto del ricorso. Non deve provvedersi alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

 

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2017.