Esame d’avvocato 2016: terza prova, Atto Civile

Con accordo di separazione coniugale omologato nel marzo 2016 Caio, sul presupposto che il reddito familiare prima della separazione ammontasse ad euro 5000 mensili – ed il suo personale ad euro 3.200 mensili – si è impegnato a corrispondere a Sempronia un assegno mensile di euro 1.600 per il mantenimento del figlio della coppia, Caietto, nonchè a trasferire a quest’ultimo – senza ricevere alcun corrispettivo – la piena ed intera proprietà dell’unico immobile di cui è proprietario. L’accordo tra i coniugi prevede, inoltre, che Caietto continui a vivere insieme alla madre presso altro appartamento di proprietà di quest’ultima, che fino alla data della separazione aveva costituito l’abitazione coniugale. Tizio, che vanta nei confronti di Caio un ingente credito in forza di rapporti commerciali intercorsi con il predetto nell’anno 2015, venuto a conoscenza di tale trasferimento di proprietà avvenuto nel settembre 2016 – e ritenendo che lo stesso possa pregiudicarlo – si reca dal proprio legale di fiducia per conoscere se siano concretamente esperibili delle azioni a tutela del proprio credito.
Il candidato, assunte le vesti di difensore di Tizio, rediga l’atto giudiziario ritenuto più utile alla difesa degli interessi di Tizio.

Soluzione proposta

Tribunale Civile di …

[foro competente ex artt. 18-20 c.p.c.]

 Atto di citazione 

ex art. 2901 c.c.

  • Il sottoscritto signor Tizio …   nato a    …   il giorno   ….   , residente in    …    alla via    …       …   (C.F.    …   ), elettivamente domiciliato in    …    via    …    n.    …   , presso lo studio dell’Avv.   …    (Codice Fiscale:    …   ), Avvocato del Foro di  …  che lo rappresenta giusta procura alle liti in calce al presente atto ai sensi dell’articolo 83, comma 3, c.p.c. e art. 10 D.P.R. n. 123/2001, con dichiarazione di voler ricevere avvisi e comunicazioni, ai sensi dell’art. 125 comma 1 c.p.c. e dell’art. 136 comma 3 c.p.c., al fax n.   …   o al seguente indirizzo di P.E.C.:   …

Attore

Contro

  • Caio, nato a  …   il giorno   ….   , residente in    …    alla via    …    n.   …   (C.F.    …   ), in proprio e in qualità di legale rappresentante di Caietto, nato a … il giorno   ….   , residente in    …    alla via    …    n.   …   (C.F.    …   );

  • Sempronia, nata a …   il giorno   ….   , residente in    …    alla via    …    n.   …   (C.F.    …   ), in proprio e in qualità di legale rappresentante di Caietto, nato a … il giorno   ….   , residente in    …    alla via    …    n.   …   (C.F.    …   );

Convenuti

PREMESSO IN FATTO

1)  Tizio è creditore del signor Caio della somma di Euro   …    in virtù di  … [menzione del titolo da cui sorge il credito commerciale di Tizio] (doc. 1)

2)  In data successiva all’insorgenza del menzionato credito, Caio, in virtù di accordo di separazione coniugale (doc. 2),  omologato in data …  marzo 2016, oltre ad impegnarsi a corrispondere alla coniuge Sempronia un assegno mensile di euro 1.600,00 per il mantenimento del figlio dei medesimi coniugi, Caietto, trasferiva a quest’ultimo, in forza di atto (doc. 3) in data … a rogito notaio … di … , nn. …/… di suo repertorio, registrato presso l’Agenzia delle Entrate di … in data …. al n. … Serie … e trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di … in data … ai nn. …/… senza ricevere alcun corrispettivo, la piena proprietà dell’unico immobile di cui il medesimo Caio era proprietario, e precisamente:

– [breve descrizione dell’immobile a fini di identificazione].

3) L’atto di disposizione dell’immobile in favore del figlio Caietto integra una lesione delle ragioni creditorie attoree e deve essere revocato per tutte le ragioni che appresso si illustreranno.

IN DIRITTO

Sulla sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria

Non v’è dubbio che Caio avesse piena e dettagliata conoscenza della propria esposizione debitoria al giorno …  marzo 2016, data in cui è stato omologato l’accordo di separazione e a maggior ragione al momento in cui il medesimo ha sottoscritto l’atto di trasferimento a favore del figlio Caietto, come si evince dalla prodotta documentazione (doc. 1).

Secondo quanto fin qui esposto, non vi era alcuna necessità né obbligo per il padre di trasferire al figlio la proprietà del suo unico immobile, dato che, per effetto delle previsioni contenute nell’accordo di separazione, la coniuge Sempronia avrebbe ricevuto un congruo assegno mensile, sufficiente a mantenere anche il figlio Caietto, e dato che quest’ultimo avrebbe continuato a vivere presso la madre Sempronia, nell’abitazione di proprietà esclusiva della medesima.

Detto trasferimento, secondo giurisprudenza costante e consolidata, non può che qualificarsi come atto a titolo gratuito; in forza di tale qualificazione, non risulta necessario dimostrare la sussistenza del c.d. consilium fraudis, ovverosia la consapevolezza, da parte del beneficiario dell’attribuzione, del pregiudizio che l’atto di cui si discute poteva recare al creditore del padre Caio.

3)  Tale trasferimento, dunque, non può che compromettere le ragioni creditorie di Tizio ed è stato posto in essere nella consapevolezza di tale pregiudizio da parte del signor Caio.

4) La fondatezza della domanda attorea è suffragata da una recente pronuncia di legittimità  (Cass. 22 gennaio 2015,  n. 1144), che statuisce: “È suscettibile di revocatoria ex art. 2901 c.c. l’atto con cui il proprietario di un immobile trasferisce lo stesso ai propri figli, anche quando il trasferimento sia avvenuto in virtù degli impegni assunti in sede di separazione consensuale. Anche in questa ipotesi, infatti, l’atto trae origine dalla libera determinazione del debitore e non si configura come “dovuto”.

Inoltre la medesima sentenza chiarisce che: “L’accordo separativo omologato, dunque, costituisce esso stesso parte dell’operazione revocabile, ove si dimostri il pregiudizio per le ragioni del creditore. lungi dal divenire fonte di un obbligo idoneo a giustificare l’applicazione dell’art. 2901, comma 3, costituisce esso stesso parte dell’operazione revocabile” (in tal senso, conforme anche Cass. n. 11914/2008, dalla stessa sentenza richiamata);

5) In conclusione, sussistono all’evidenza tutti gli elementi per agire in revocatoria ex 2901 c.c. e nello specifico:

– l’eventus damni in quanto il debitore si è spogliato dell’unico immobile di sua proprietà con ciò chiaramente diminuendo la propria garanzia patrimoniale generica;

– la scientia damni in quanto Caio era senz’altro consapevole di arrecare danno alle ragioni creditorie, essendo egli consapevole di essere gravemente esposto nei suoi confronti;

– la gratuità dell’atto esclude ogni indagine soggettiva in capo al terzo acquirente – nella fattispecie il minore Caietto – il quale peraltro non può che agire tramite i suoi legali rappresentanti Caio e Sempronia;

6) per tali ragioni il signor Tizio, come sopra rappresentato e difeso, intende agire per far dichiarare inefficace nei suoi confronti sia il predetto atto di trasferimento di immobile a favore di Caietto, sia l’accordo di separazione, che rappresenta il riferimento causale del trasferimento stesso.

Tutto ciò premesso

il signor Tizio, come in epigrafe rappresentato e difeso,

cita

il Sig. Caio , nato a    …    il giorno  …   e residente in    …    alla via     …    n.  … ,  la Sig.ra Sempronia  nata  a    …    il giorno  …   e residente in    …    alla via     …    n.  … , in proprio e in qualità di legali rappresentanti di Caietto nato a    …    il giorno  …   e residente in    …    alla via     …    n.  …,  a comparire avanti il Tribunale  di    …    , dinanzi al Giudice Istruttore che sarà designato ex art. 168-bis c.p.c, all’udienza che si terrà il giorno   …    , ore di rito, con espresso invito a ritualmente costituirsi in giudizio nel termine di venti giorni prima dell’udienza suddetta, nelle forme previste dall’art. 166 c.p.c., con avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all’artt. 38 e 167 c.p.c. e che in difetto di costituzione si procederà in loro contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti

conclusioni

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito:

Nel merito in via principale: accertati i presupposti di cui all’art. 2901 c.c., così come esposti in narrativa, dichiarare l’inefficacia, nei confronti della parte attrice, del predetto atto di trasferimento immobiliare disposto dal convenuto a favore del proprio figlio Caietto, nonché dell’accordo di separazione coniugale sottoscritto dal convenuto con la propria moglie Sempronia, costituendo il medesimo causa negoziale dell’atto di trasferimento suddetto, e precisamente: … [menzione degli estremi dei due atti da revocarsi].

In ogni caso: con vittoria di spese documentate e compenso all’avvocato patrocinante determinato ai sensi del D.M. n.55/2014, oltre al rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, c.p.a. 4%, i.v.a. 22%  e successive spese occorrende.

Con riserva di ulteriori argomentazioni, precisazioni e modificazioni, nonché di deduzioni istruttorie, anche alle luce delle eventuali istanze difensive della controparte, nei termini previsti dall’art. 183, 6° comma, c.p.c., dei quali si chiede sin d’ora la concessione, si offrono in comunicazione mediante deposito in cancelleria i seguenti documenti:

  1. documentazione attestante il credito;
  2. copia conforme dell’accordo di separazione omologato in data … marzo 2016;
  3. atto di trasferimento della proprietà di immobile a rogito notaio … di … , nn. …/… di suo repertorio.

Con riserva di produrre ulteriori documenti e formulare prova per testi.

Si dichiara che il valore della presente causa è pari ad € ___ e che, conseguentemente, il contributo unificato è dovuto nella misura di € ___.

Si dichiara di voler ricevere le comunicazioni, via fax, al numero _________ e/o al seguente indirizzo di posta elettronica certificata …………..

Con osservanza. …

lì …. Avv. ….

PROCURA ALLE LITI

………………………………………………

(firma del cliente)

per autentica

(firma dell’Avv. …….)

Esame d’avvocato 2016: terza prova, Atto Penale

Tizio e Caio si accordano per commettere una rapina ai danni del gioielliere Sempronio, del quale hanno studiato le abitudini. Nel giorno prefissato, dopo aver atteso a volto coperto che quest’ultimo, chiuso il negozio, salga sulla propria autovettura, entrano in azione: mentre Tizio fa da palo all’angolo della strada, a circa 200 metri di distanza Caio entra nell’auto di Sempronio e, dopo averlo colpito al viso con diversi pugni, si impossessa della sua valigetta per poi darsi alla fuga seguito da Tizio.
Le indagini successive consentono di individuare in Tizio e Caio gli autori del fatto.
Sottoposti a processo, vengono entrambi condannati alla pena di anni 7 e mesi 6 di reclusione ed euro 2000 di multa per il reato di rapina aggravata in quanto commesso da più persone riunite e con il volto travisato, ritenuta la sussistenza della recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, contestata dal pm in considerazione dei precedenti a carico di entrambi, come risultanti dal certificato penale.
Nel determinare il trattamento sanzionatorio il Tribunale ha fissato la pena base in anni 4 e mesi 6 di reclusione ed euro 1200 di multa di cui all’art. 628 c. 3 n. 1 e su questo ha applicato l’aumento per la recidiva.
Tizio si reca immediatamente dal proprio legale e lo incarica di assumere immediatamente la propria difesa. In tale veste, il candidato rediga l’atto ritenuto più opportuno evidenziando le problematiche sottese alla fattispecie in esame e soffermandosi anche, in particolare, sulla natura giuridica della recidiva di cui all’art. 99 comma 4 cp e sulle conseguenze in punto di pena.

Soluzione proposta

CORTE D’APPELLO DI…

ALL’ILL.MO SIGNOR PRESIDENTE

ATTO D’APPELLO

Il sottoscritto Avv. … del Foro di…, con studio in…, difensore di fiducia giusta nomina in calce al presente atto del Sig. Tizio, nato a … il…, e residente in… via.. n…., persona imputata per il reato di cui all’art. 628 co. 3 n. 1 c.p. nel processo penale n. .. RGNR Procura della Repubblica presso il Tribunale di.. e…n. RG Trib, con il presente atto propone

APPELLO

Avverso alla sentenza n… Rg. Sent. Emessa in data… dal Tribunale di … giudicante in composizione collegiale e depositata il.. con la quale il Sig. Tizio veniva dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 628 co. 3 n. 1) c.p. e condannato, previa applicazione della recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, alla pena di anni 7 e mesi 6 di reclusione ed euro 2000 di multa.

Il presente appello è supportato dai seguenti

MOTIVI

FATTO

L’odierno imputato Tizio veniva tratto a giudizio, insieme al concorrente Caio, innanzi al Tribunale di… con l’accusa di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628 co. 3 n.1) c.p. ai danni del gioielliere Sempronio. Al termine di una giornata lavorativa del gioielliere, infatti, Caio accordatosi con Tizio che fungeva invece da “palo”, s’introduceva nell’automobile di Sempronio e dopo averlo colpito al volto s’impossessava della sua valigetta. A quel punto Tizio e Caio si davano alla fuga.

Al termine del giudizio di primo grado, il Collegio riteneva provata la penale responsabilità di Tizio e lo condannava ad una pena di anni 7 e mesi 6 di reclusione ed euro 2000 di multa, per il reato di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628 co. 3 n.1) c.p. in quanto commesso da più persone riunite e con il volto travisato, ritenuta la sussistenza della recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale ai sensi dell’art. 99 co. 4 c.p. Nel fare ciò, il Tribunale fissava la pena base in anni 4 e mesi 6 di reclusione ed euro 1200 di multa applicando poi l’aumento per la recidiva.

DIRITTO

  1. ERRONEA APPLICAZIONE DELLA LEGGE PENALE CON RIFERIMENTO ALL’ART. 99 COMMI 4 E 5 C.P. E CONSEGUENTE INOSSERVANZA DELL’ART. 63 COMMA 4 C.P.

Il giudice di prime cure ha erroneamente pronunciato nei confronti di Tizio sentenza di condanna alla pena di anni 7 e mesi 6 di reclusione, a seguito della congiunta applicazione dell’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 628 co. 3 n.1) c.p. e della recidiva specifica reiterata infraquinquennale di cui all’art. 99 co.4 c.p. che, si precisa, si ritiene applicata in tal caso in combinato disposto con l’art. 99 comma 5 c.p. rientrando la rapina aggravata tra i delitti di cui all’art. 407 co.2 lett. a) c.p.p., anche alla luce dell’aumento di pena in concreto applicato.

Appare di tutta evidenza il macroscopico errore in cui è incorso il Tribunale di primo grado nell’applicazione della pena al Sig. Tizio, a partire dall’errata considerazione della recidiva quale circostanza inerente la persona del colpevole e non già quale circostanza aggravante ad effetto speciale.

È opportuno, al fine di dimostrare l’infondatezza della sentenza, fornire preliminarmente alcuni brevi cenni in tema di recidiva. Tale istituto, disciplinato all’art. 99 c.p., punisce più aspramente chiunque, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro. La recidiva si fonda, dunque, su esigenze special preventive, infatti, attraverso la previsione di un aumento di pena nell’ipotesi di ricaduta nel reato il legislatore mira a distogliere il reo dal commettere nuovi reati. In particolare, l’aumento della pena è fino ad un terzo nelle ipotesi di recidiva semplice previste al primo comma. Mentre al secondo comma il legislatore ha previsto ipotesi di recidiva rispettivamente specifica, infraquinquennale e aggravata quando il nuovo delitto non colposo sia della stessa indole di quello per cui si sta subendo la condanna, sia commesso nei cinque anni successivi alla condanna, ovvero durante o dopo l’esecuzione della pena o nel tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena. In tal caso la pena sarà aumentata fino alla metà al ricorrere di una sola delle circostanze o della metà qualora più circostanze concorrano tra loro.

Il quarto comma prevede l’ipotesi di nuova commissione di un delitto non colposo da parte del soggetto già dichiarato recidivo, sanzionandolo con un aumento di pena della metà se si tratta di seconda recidiva semplice o di due terzi nel caso in cui ricorrano circostanze del secondo comma.

Infine, il quinto comma si riferisce ai casi in cui il delitto non colposo commesso dal recidivo rientri nel novero di cui ll’art. 407, II comma lett. a) c.p.p.

In proposito è stato recentemente sottolineato come la recidiva qualificata, ai sensi dell’art. 99 comma 5 c.p., non costituisce una forma autonoma di recidiva, ma solo una particolare manifestazione delle fattispecie di cui ai commi precedenti (così: Cass. pen., Sez. V, n. 1073/2014).

Si reputa ora necessario un breve approfondimento in merito alla natura giuridica della recidiva specifica reiterata infraquinquennale, anche alla luce dei recenti sviluppi giurisprudenziali.

Sul punto, si è registrato invero un annoso contrasto giurisprudenziale, risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2011 con la pronuncia n. 20798. Le stesse sono infatti intervenute al fine di determinare definitivamente se la recidiva che può determinare un aumento superiore ad un terzo, sia circostanza aggravante ad effetto speciale e, conseguentemente, se essa segua il regime imposto ex art. 63 co.4 c.p. nel caso di concorso di altre circostanze aggravanti ad effetto speciale.

In particolare, secondo un primo indirizzo giurisprudenziale che valorizzava esclusivamente il dato letterale dell’art. 70 co. 2 c.p., la recidiva non poteva che essere considerata una circostanza inerente alla persona del colpevole, ammettendo quindi nel caso di concorso con una diversa circostanza aggravante ad effetto speciale un duplice aumento di pena (in tal senso, ad esempio: Cass. pen., Sez. VI, n.1485/1994; Cass. pen., Sez. II, n. 11105/2009).

Sul versante opposto, altre pronunce riconducevano la recidiva alla categoria delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, alla luce dell’aumento di pena superiore ad un terzo derivante dalla sua applicazione (così: Cass. pen., Sez. I, n. 18513/2010; Cass. pen., Sez. II, n. 40978/2008; Cass. pen., Sez. II, n. 1955/2008).

Le Sezioni Unite hanno ritenuto di aderire a tale secondo orientamento sulla scorta delle seguenti considerazioni. Innanzitutto, la Suprema Corte riconosce che l’art. 70 c.p. annovera la recidiva tra le circostanze soggettive inerenti la persona del colpevole, e, tuttavia, chiarisce come l’attuale impianto codicistico non consenta di affidare solo a tale dato la ricostruzione della natura giuridica della recidiva. Anzi, precisa che alla luce di una lettura sistematica, l’unico significato attribuibile a tale ultima norma pare essere quello di inclusione della recidiva tra le circostanze del reato.

Allo stesso modo, il giudice di legittimità argomenta la sua posizione sulla base della considerazione per cui la recidiva, allo stesso modo delle circostanze, è idonea a far infliggere una pena superiore alla cornice edittale e, d’altro canto consente di commisurare la pena al fatto sia considerato nella sua oggettività sia in rapporto al suo autore.

Chiarito, dunque che la recidiva non possa che essere qualificata come circostanza aggravante ad effetto speciale, va da sé la conseguente applicazione, in ipotesi di concorso con altra aggravante ad effetto speciale, della norma ex art. 63 comma 4 c.p. Tale disposizione impone al giudice, nell’ipotesi di concorso di due o più circostanze aggravanti ad effetto speciale di applicare la più grave, salva la facoltà di aumentarla (fino ad un terzo).

Peraltro, la considerazione della recidiva quale circostanza aggravante comporta che essa sia produttiva di effetti unicamente se il giudice ne riscontri i requisiti costitutivi e la dichiari (si veda in proposito, ex multis: Cass. pen., Sez. VI, n. 5075/2014).

Tale rifiuto di qualsivoglia “automatismo” nell’applicazione della recidiva si è manifestato in una progressiva interpretazione della recidiva come istituto avente natura facoltativa, spettando al giudice la valutazione circa l’effettiva idoneità in concreto ad indicare una maggiore colpevolezza o una maggiore pericolosità del condannato.

Tale conclusione a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 185/2015 è stata parzialmente estesa anche al comma 5 dell’art. 99, sino a quel momento ritenuto di obbligatoria applicazione sia sull’an che sul quantum. Il venir meno nel comma 5 dell’inciso “è obbligatorio” ha reso così facoltativa anche la più grave ipotesi di recidiva. Ciò significa che il giudice sarà in ogni caso tenuto a contestare la circostanza aggravante ad effetto speciale, salva la facoltà di non applicarla in virtù del bilanciamento con altra circostanza attenuante ritenuta prevalente.

Tali conclusioni non fanno che fornire ulteriore prova del carattere di circostanza aggravante della recidiva che, al contrario, il Tribunale ha inteso quale circostanza inerente la persona del colpevole.

Si tratta allora, nel fare applicazione di tali principi, di comprendere in primo luogo quale delle circostanze aggravanti sia la più grave, dovendo ancorare tale giudizio ai noti parametri della maggior gravità in astratto dell’aumento (in tal senso: Cass. pen., Sez. VI, n. 34382/2010; Cass. pen., Sez. V, n. 12473/2010; Cass. pen., Sez. III, n. 11087/2010). Solo all’esito di tale comparazione sarà possibile, eventualmente, applicare un ulteriore aumento di pena (fino ad un terzo).

Quanto, invece, all’aggravante dell’art. 628 cui al comma 3 n. 1), non vi è dubbio alcuno che essa integri a tutti gli effetti una circostanza aggravante ad effetto speciale, comportando un aumento di pena superiore ad un terzo, come richiesto dalla definizione normativa di cui all’art. 63 c.p.

Svolte tali considerazioni, non vi è chi non veda come del tutto erroneo e fallace sia l’approdo del giudice di prime cure.

Invero, a partire dalla pena base prevista per il delitto di rapina ai sensi dell’art. 628, co. 3, c.p., il Tribunale ha in buona sostanza operato un doppio aumento di pena: determinata, infatti, la pena base in quella prevista dal comma 3 n.1 della norma in parola, ha quindi applicato l’aumento per la recidiva.

È evidente che simile operazione consiste in un mal celato doppio aumento di pena, inammissibile alla luce del recente approdo giurisprudenziale sopra esposto.

Da un lato, infatti, il giudice ha considerato “pena base” una pena già aggravata in virtù dell’art. 628 comma 3 n. 1) c.p.; dall’altro, in aggiunta a tale pena lo stesso giudice ha operato l’aumento per la recidiva.

Per tale ragione, si ritiene che la decisione del Tribunale debba essere oggetto di riforma, avendo mancato di uniformarsi al consolidato orientamento giurisprudenziale che impone di ritenere la recidiva quale circostanza aggravante ad effetto speciale e, quindi, non sottratta alle regole di cui all’art. 63 c.p.

D’altro canto, correttamente il giudice di primo grado ha fatto applicazione dei criteri indicati all’art. 133 c.p., ben valorizzando le condotte di Tizio al fine della determinazione della pena base, corrispondete al minimo edittale previsto dal reato contestato (seppur erroneamente determinato come già ampiamente descritto). Tale valutazione non potrà che essere condivisa anche da codesta Ecc.ma Corte territoriale al fine della determinazione della pena base sulla quale applicare gli aumenti.

Si chiede, dunque, a tale Ecc.ma Corte di rideterminare la sanzione penale mantenendosi, nel rispetto e in continuità con la pronuncia di primo grado, nel minimo edittale e applicando successivamente i principi esposti dalle Sezioni Unite n. 20798/2011, secondo cui: “la recidiva è circostanza aggravante ad effetto speciale quando comporta un aumento di pena superiore ad un terzo e pertanto soggiace, in caso di concorso con circostanze aggravanti dello stesso tipo, alla regola dell’applicazione della pena prevista per la circostanza più grave, e ciò pur quando l’aumento che ad essa segua sia obbligatorio, per avere il soggetto, già recidivo per un qualunque reato, commesso uno dei delitti indicati all’art. 407, comma 2, lettera a), c.p.p.”.

Alla luce di quanto esposto, il sottoscritto difensore

CHIEDE

Che l’Ecc.ma Corte d’Appello di… voglia, in riforma della sentenza impugnata, rideterminare la pena nei confronti del signor Tizio, contenendola nel minimo ritenuto di giustizia.

Con osservanza.

Luogo, data.

Avv……

ATTO DI NOMINA

Il sottoscritto Tizio, nato a… il…, e residente in… via… n…, imputato nel procedimento penale n. .. RGNR- Procura della Repubblica presso il Tribunale di …, e n… RG Trib per il reato di cui all’art. 628 comma 3 n.1), 99 comma 5 c.p. con il presente atto

REVOCA

Ogni precedente nomina ad altro difensore per il suddetto procedimento e contestualmente

NOMINA

Ex art. 96 c.p.p. quale proprio difensore di fiducia, l’Avv. … del Foro di…, con studio in…., affinchè lo rappresenti, lo assita e lo difenda in ogni stato e grado del processo penale sopra rubricato, conferendogli ogni più ampia facoltà prevista dalla legge, compresa la facoltà di nominare sostituti ex art. 102 c.p.p. e con l’espresso potere di proporre ogni tipo di impugnazione ai sensi dell’art. 571 co. 3 c.p.p.

Con il presente atto inoltre il sottoscritto dichiara di

ELEGGERE DOMICILIO

a tutti gli effetti di legge, presso lo Studio del summenzionato difensore di fiducia, l’Avv. …, con studio in… via… n….

Infine, il sottoscritto

DICHIARA

Di aver ricevuto le informazioni di cui al d.lgs. 196/2003 e di prestare il proprio consenso al trattamento dei dati personali.

Con osservanza.

Luogo, data.

È autentica

Avv. …